Avvoltoio gipeto specie rischio di estinzione

Avvoltoio gipeto specie rischio di estinzione. L’avvoltoio barbuto è un uccello rapace della famiglia  Accipitridae unica specie del gebnere Gypaetus Storr, 1784. Comunemente noto come gipeto o avvoltoio degli agnelli, è l’avvoltoio di maggiori dimensioni tra quelli nidificanti in Europa.

Tipicamente stanziale, nidifica sui dirupi in alta montagna nell’Europa meridionale, in Africa, in India e in Tibet, deponendo una o due uova. È stato reintrodotto con successo sulle Alpi, ma continua a essere uno dei più rari avvoltoi d’Europa.

Come altri avvoltoi è un necrofago,, cioè si nutre principalmente di carcasse di animali morti, ed ha una dieta estremamente specializzata, nutrendosi in particolare delle ossa e del midollo osseo. Un comportamento tipico è quello di lasciar cadere le ossa di carcasse da grandi altezze, per frantumarle e quindi nutrirsene.

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Questo enorme e affascinante avvoltoio è considerato estinto come nidificante dalle Alpi all’inizio del Novecento ed è stato dichiarato ufficialmente estinto in Italia nel 1969. Grazie a efficaci progetti di reintroduzione europei il gipeto, classificato “in pericolo critico”, è timidamente tornato a nidificare nel nostro Paese, nel Parco Nazionale dello Stelvio.

I gipeti sono circa 10mila, tra Asia, Africa ed Europa, in Italia ne rimangono solo una decina di coppie.

L’adulto può raggiungere una lunghezza di 110-115 cm (la sola coda, a forma di cuneo, misura 42–44 cm), con un’apertura alare di 266–282 cm e con un peso di 5–7 Kg.

Tali dimensioni possono essere tranquillamente estese a entrambi i sessi, in quanto la femmina è in genere appena più grande del maschio, ma la differenza non risulta apprezzabile in natura così come, del resto, non vi è diversità negli abiti stagionali e sessuali. Per tale motivo il sesso viene determinato tramite l’analisi del DNA.

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Nell’adulto il colore del piumaggio presenta un netto contrasto tra le parti ventrali e la testa, chiare, e le parti dorsali e le ali, scure.

Le penne timoniere e le penne copitrici delle ali e del dorso, pur essendo di colore grigio scuro, sono dotate di un rachide biancastro che produce delle sfumature chiare.

Sul capo, costantemente bianco, spiccano i ciuffi di vibrisse nere che circondano l’occhio e scendono fin sotto il becco a formare una specie di “barba” (da cui probabilmente deriva il nome “barbatus” della specie).

L’iride è gialla ed è circondata da un anello perioculare membranoso di colore rosso che diventa particolarmente evidente nei momenti di eccitazione.

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Una caratteristica particolare del piumaggio dell’adulto è il colore ruggine del petto e del ventre, che non è di origine biologica, ma assunto dall’ambiente esterno.

Sulle cause di tale colorazione sono state formulate diverse ipotesi, la più accreditata delle quali la attribuisce al contatto degli uccelli con minerali contenenti sali di ferro. È stato osservato che il gipeto adulto è attratto dagli accumuli di terra o sabbia umida rossastra, nei quali compie tipici “bagni” cospargendo le parti ventrali del proprio piumaggio con tali sostanze: la pigmentazione verrebbe ottenuta grazie a questo comportamento, il cui significato è ancora ignoto.

I giovani hanno un piumaggio completamente scuro, tranne le penne del dorso che possono presentare apici biancastri di varia estensione. Essi assumono l’abito adulto verso i 6–7 anni di età, quando raggiungono anche la maturità sessuale, dopo aver attraversato una serie di più fasi con colorazioni intermedie.

Il gipeto è piuttosto longevo (20–25 anni in natura, fino a 40 in cattività) ed è caratterizzato da un ciclo riproduttivo lungo. La riproduzione occupa, infatti, la maggior parte dell’anno, dall’autunno, con la preparazione del nido, fino all’abbandono del territorio da parte dei giovani quando gli adulti iniziano le parate nuziali per un nuovo ciclo.

Ogni coppia è monogama e occupa un territorio che può raggiungere anche i 300 km quadrati di estensione. Al suo interno possono essere presenti uno o più nidi, utilizzati alternativamente; la rotazione avviene probabilmente per evitare che un eventuale danno al nido (occupazione, crollo) comporti una mancata riproduzione della coppia.

In autunno, dopo le parate nuziali, la coppia inizia a frequentare il nido, solitamente costruito con rami secchi e lana, in ampie cavità o su cenge lungo pareti rocciose. La deposizione avviene fra gennaio e febbraio, e ogni coppia depone solitamente due uova (tondeggianti, di color crema, con macchie e punteggiature) a 4–7 giorni di distanza l’una dall’altra.

Alcuni esemplari sono stati reintrodotti nel Parco Nazionale Mercantour (Francia) dal 1993 e Parco Naturale delle Alpi Marittime (Italia) dal 1994 e nel 2000 nel Parco Nazionale dello Stelvio. Dai primi anni del duemila una coppia di gipeti, probabilmente proveniente dalla Francia, si è stabilita nell’area di Courmayeur ai piedi del Monte Bianco.

Il 10 maggio 2011 è nato in Valsavarenche, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso in Valle d’Aosta, il gipeto ‘Siel’, primo esemplare venuto alla luce in natura sulle Alpi Occidentali italiane dal 1913, data dell’ultimo abbattimento.  Dal 2017 il nido della Valsavarenche è ripreso da una webcam, installata dai guardaparco nell’ambito del progetto “GipetOnAir”. Grazie a questo strumento è possibile seguire l’intero processo di riproduzione, dalla costruzione del nido, alla deposizione dell’uovo, alla schiusa e alla crescita del piccolo gipeto. Nel 2018 sono stati censiti 3 coppie e 3 piccoli di gipeto.

Il 3 gennaio 2016 è stata avvistata una coppia a Macugnaga, ai piedi del Monte Rosa, a circa 2500 metri di altitudine nei pressi del Faderhorn. Nel corso dell’estate 2015-2016 si sono ripetuti gli avvistamenti di due esemplari nella zona di Esino Lario (quest’ultimo dato sarebbe da verificare in quanto non è indicata la fonte nelle note in fondo; inoltre negli annuari del CROS di Varenna, che raccolgono tutte le segnalazioni ornitologiche della provincia di Lecco, la specie non risulta essere segnalata).

Fonte: Wikipedia

Foto di Vistanet