Come eravamo nostalgia dell’osteria racconti

Come eravamo nostalgia dell’osteria racconti. Il passato a volte sfiora la nostra mente ricordando cose che lungo il corso della vita abbiamo quasi dimenticato poi verso il tramonto del nostro percorso ritornano ad affiorare e la nostalgia ci prende, nei tempi passati l’osteria era il punto del ritrovo dopo il lavoro oppure alla sera per una partita di carne con accanto un buon bicchiere di vino genuino, un racconto appunto racconta questa nostalgia.

Nostalgia dell’osteria.

Forse mai in queste scadenze autunnali si é fatta così forte in me la nostalgia dell’osteria. Probabilmente sto invecchiando, ma può darsi che sia divenuto semplicemente più maturo e più legato ai moduli di vita di un tempo. Anzi, dirò di più, alla civiltà di un tempo.

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Perché proprio di civiltà si tratta, di quella della mia gente e della mia terra, aperta da decenni a tutte le manomissioni e devastazioni. Non sono un esaltatore acritico del passato, per carità!, ma lasciatemi dire che nel nostro passato friulano c’era e c’è ancora molto di buono, di umano, di civile convivenza. Quando mi tocca entrare in un moderno bar di città o di paese, sento il gelido approccio al lucido fulgore delle plastiche e dei truciolati, all’illuminazione che è più metallo che luce, alle macchine da gioco che lampeggiano immagini stereotipate.

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Se poi entro in una lussuosa pizzeria tutta volte e specchi, mi coglie pur nel calore di certi risvolti mediterranei da fine ottocento o di attuali colleganze postmoderne, un senso di estraneità, persino di diffidenza.  Sta il fatto che il clima più congeniale ai miei gusti non può essere che quello di una sana e rustica osteria. Per quanto in certe zone, in seguito al terremoto, si sia spesso ricostruito in modo poco conforme alla tradizione e anche per nuove e coercenti disposizioni sanitarie, esistono tutt’ora molte osterie tradizionali recuperate o conservate nel loro primigenio aspetto.

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E, se gli arredi non sono sempre intonati, il fattore umano che vi prevale con la sua tipica aperta socialità rimane simpatico e accattivante. Nell’osteria incontro gli altri, faccio o una partita di briscola o di tressette, vengo a sapere le novità della borgata o del comune, mi informo sull’ennesimo incidente stradale, si parla di affari, di situazioni economiche proprie e di terzi, allegre e poco allegre. Nelle osterie friulane poi si discute molto di politica. Critiche e lamentele fanno parte del bagaglio dei discorsi. Davanti a un bicchiere di vino, bianco o rosso, a un bon tajut, ci si sente tutti primi ministri, presidenti, papi, teste coronate. Se poi si tratta di pallone, Dio ce ne scampi e liberi. Le frasi colorite non contano nelle osterie e, purtroppo, volano bestemmie, le solite e altre di improvvisata fantasia.

Se vuoi imparare il friulano o qualche altra parlata locale, la migliore scuola che trovi è l’osteria. Il pittoresco e ricco linguaggio degli anziani si mescola a quello più slavato dei giovani, che peraltro, aggiunge termini nuovi del vivere quotidiano e delle tecniche di lavoro. Ne viene fuori una lingua tra antico e moderno, un friulano mediato e robusto, che rende superato anche l’ultimo dizionario di grido.

Nell’osteria si apprendono casi sociali cui venire incontro e che, stando a casa, non avresti saputo. Una volta l’osteria era più che altro appannaggio dei maschi, oggi si notano anche molte donne, perché tanti steccati sono caduti. Specie nelle frasche, che sono osterie temporanee, con vini padronali propri, trovi l’allegria della fisarmonica, dei quattro salti, dello spuntino con salame e formaggio nostrani. L’osteria è un focolare di amicizia e di solidarietà. Certamente si beve, ma tutto sta nella misura individuale di assunzione delle bevande. Stanno sparendo le grandi ubriacature che contrassegnavano certi pittoreschi personaggi paesani, beoni dal naso paonazzo.

Si distinguevano, ma si distinguono tuttora: la cjoche légre, la cjoche rabiose, la cjoche vajote e si potrebbe aggiungere anche la cjoche cjantarine. Per una audizione di canto popolare sul serio, percorso da qualche stonatura e forzatura che non si sa come non guastano e si amalgamano con l’intonatura dell’improvvisato complesso, tocca andare in osteria, specie durante una sagra. A dire il vero una volta le sagre avevano come luogo d’incontro le osterie del paese e le piccole trattorie con annessa osteria e magari l’appalto dei tabacchi e dei generi alimentari.

La moda dei capannoni e dei chioschi delle varie associazioni è innovazione recente nella storia del bere e del mangiare friulano. Ricordo nella mia infanzia tipiche osterie con le panche, le sedie impagliate, il fogolar che nei mesi freddi crepitava di legna accesa e scoppiettante, come quello di Rose di Stiefin a Majano, nei pressi della chiesa. E’ rimasto di essa solo il Fogolar antico, che l’ignoranza di alcuni nostri valori per una malintesa modernità vorrebbe eliminare, completamente. Il mio parere è per il suo salvataggio, lasciando a chi di dovere le modalità più opportune.

C’erano anche povere osterie, ridotte a un lungo tavolo massiccio, imbiancato di candeggina, immerso in uno stanzone e circondato da panche dalla tinta scura, resa ancora più scura dal tempo immemorabile. La luce era quello che era e prima dell’energia elettrica palpitava un lume a petrolio. Chissà quanto scure erano certe osterie romane e medioevali illuminate con lucerne a olio o con grosse candele! In compenso c’erano le botti con cui riempire le varie misure, poste in vista.

C ’era un’atmosfera da Gherardo delle Notti, di chiaroscuri seicenteschi. Ho conosciuto osterie di città, di paese, di collina, di montagna, di pianura, di quasi tutto il Friuli. E il movente era sempre quello dell’incontro umano anzitutto. Il fisco si è accanito contro le osterie, senza distinguere tra le loro varie ubicazioni e il numero degli abitanti da servire. Penso a interi paesi delle nostre Prealpi, dove tutti hanno dovuto chiudere e dove per un incontro bisogna fare chilometri e chilometri. Hanno tolto, per quattro bucce, l’unica possibile via di socialità popolare.

Mi sono sentito di spezzare una lancia in favore dell’osteria e spero che non mi si accusi di alcoolismo o di favoreggiatore del medesimo. Non c’è solo vino nell’osteria. C’è molto di più. Proprio molto di più.

(Domenico Zannier)

Fonte: Il Portale delle Osterie

Foto di Rome Guides