Janis Joplin pantera da palcoscenico si spegne il 4 ottobre 1970 – video –

Janis Joplin pantera da palcoscenico si spegne il 4 ottobre 1970 – video – Aveva solo 27 anni Janis Joplin quando ha lasciato questo mondo per una overdose, una giovane vita che aveva uno splendido futuro davanti a se con la sua voce roca blues, la sua fragilità tra alti e bassi secondo il percorso della sua breve vita han fatto sì di condurla verso il precipizio delle droghe e alcol, per onorare la sua memoria trascriviamo l’intera biografia tratta da Biografieonline, per capire a fondo questa cantante piuttosto che giudicarla.

Da Biografieonline: ‘L’e foto di Janis da bambina ci mostrano una cucciola bionda e sempre sorridente, ben vestita e curata, in qualche modo l’immagine stessa della piccola borghesia texana di Port Arthur, la cittadina industriale dove Janis Lyn Joplin nasce il 19 gennaio 1943 da padre operaio di raffineria e madre casalinga.

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Gli scatti della prima adolescenza ci offrono, invece, il volto inquieto di un brutto anatroccolo, un po’ sovrappeso e con il volto invaso dall’acne, il tipo di ragazza con cui la maggiorparte dei ragazzi non uscirebbe mai.

A 15 anni a scuola è snobbata da tutti. Janis a soli 17 anni lascia Port Arthur e la pallida prospettiva di una vita come moglie e madre per inseguire il sogno di diventare una cantante.

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Seguono anni di randagismo alternato a rientri in città, Janis si diploma con buoni voti e si iscrive anche all’università, ma il richiamo della strada e la perenne insoddisfazione la portano ogni volta, a piantar tutto per tornare a suonare in oscuri club di provincia. Proprio in questi anni incontra Jorma Kaukonen (chitarrista e futuro membro dei Jefferson Airplane) ed insieme a lui si esibisce nei locali con un repertorio soprattutto folk e country.

Nel 1963 Janis Joplin si reca per la prima volta a San Francisco, dove entra in contatto con il mondo dei beat e la filosofia on the road. Questo è, forse, ciò che Janis va cercando, un “mondo delle idee” in cui non ha importanza l’apparire, un gruppo di persone per cui è fondamentale aver qualcosa da dire e dirlo più forte degli altri. Nel mondo perfetto delle idee, però, Janis incontra anche l’alcool e le droghe, che entrano a far parte della sua vita in modo prepotente.

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Nel 1966 si rifugia a Port Arthur, profondamente ferita da una promessa di matrimonio naufragata, e cerca di vivere così come ogni brava ragazza texana dovrebbe. È il periodo di una Janis tremendamente austera, sempre vestita di scuro, con i lunghi capelli raccolti in uno chignon antiquato, lo sguardo duro e privo di ogni scintilla di ribellione. Docile come un agnellino, trova un lavoro e trascorre il suo tempo libero ricamando e leggendo, con gioia dei suoi genitori che vedono la primogenita “finalmente rinsavita”.

L’idillio, però, si rompe quando Chet Helms (un amico dei tempi in cui suonava per i club di Austin) le offre il ruolo di vocalist per una nuova band di San Francisco di cui lui è manager.

Abbandonate le gonne lunghe parte per la California insieme a Chet e dopo un breve provino viene ingaggiata dalla “Big Brother and The Holding Co.”, una band di matrice blues con venature rock e psichedeliche. La miscela esplosiva creata dalla roca voce blues di Janis Joplin ed il sound innovativo della Big Brother ottiene subito un grande successo e il gruppo ottiene il primo contratto discografico, la produzione di un album per la Mainstream Records.

Esce così, nel 1967, “Big Brother and the Holding Company”, un album ancora fortemente acerbo ed incapace di render giustizia alla grinta della band, che riesce a dare il meglio di sé nelle sessioni live e nelle serate nei locali della Frisco Bay. L’album è parecchio sottotono e gli unici brani in cui vi è davvero traccia del talento della band sono “Down on me” (un classico in cui Janis ha più volte dichiarato di rispecchiarsi in modo evidente – “sembra che tutti in questo fottuto mondo tondo ce l’abbiano con me“), “Call on me” (un lento melodico composto da Sam Andrew, chitarrista e paroliere della Big Brother) e “Bye bye baby”.

Nonostante l’insuccesso del primo album, la band non si dà per vinta ed ottiene un contratto discografico con la Columbia Records grazie ad un’impressionante esibizione sul palco del Monterey Pop International Festival (estate 1967), in cui Janis pietrifica il pubblico con una struggente e personalissima versione di “Ball and chain” di Big Mama Thornton.

Nel 1968 (dopo una riedizione del primo album del gruppo) esce “Cheap Thrills”, da molti considerato l’apice della carriera di Janis Joplin. In questo lavoro troviamo una serie di “pezzi da novanta“, dalla splendida cover di “Summertime” di George Gershwin ad “I need a man to love” (un brano fortemente autobiografico, composto da Janis insieme a Sam Andrew), passando per una registrazione live di “Ball and Chain” in puro “Janis style” e “Piece of my heart”, primo singolo dell’album.

Il suono della Big Brother è decisamente migliorato ed il gruppo sembra aver trovato il proprio equilibrio, ma l’abuso di alcool e droghe da parte dei componenti della band, il continuo stress dei concerti e delle manifestazioni unito al temperamento sanguigno delle due primedonne del gruppo (Janis e James Gurley) porta la band a sciogliersi.

Questo periodo trascorso con la Big Brother fa di Janis una persona sorridente e piena di vita, vestita di abiti coloratissimi e “strani”, lo sguardo è quello di una giovane donna curiosa ed avida di vita; le foto delle esibizioni sul palco ci svelano la natura più intima e profonda di Janis: occhi socchiusi, mano aggrappata all’asta del microfono, labbra incollate alla cupoletta per non sciupare nemmeno una nota.

Nonostante la rottura con la Big Brother, Janis Joplin mantiene il contratto con la Columbia e forma una nuova band, la “Kozmic Blues Band” (di cui fa parte anche Sam Andrew, che non ha abbandonato la cantante), con la quale pubblica, nel 1969, “I got dem ‘ol Kozmic Blues Again mama”, un album che spacca in due il pubblico di Janis: per il pubblico statunitense si tratta di un album troppo blues-oriented, in controtendenza con l’evoluzione della scena musicale USA, mentre per il pubblico europeo questa ragazza di ventisei anni diventa “la regina bianca del blues”.

Quel che è certo è che brani come “Maybe”, “Little girl blue” e “Kozmic Blues” (solo per citarne alcuni) rimangono tra le migliori performances di questa pantera da palcoscenico.

Purtroppo, però, anche il rapporto con questa band viene rovinato dall’abuso di eroina e alcool (famoso il connubio tra Janis Joplin e Southern Comfort) e il gruppo si scioglie.

Janis non si arrende, si disintossica e forma l’ennesima band, la “Full Tilt Boogie Band” (questa volta senza il sostegno di Sam Andrew, che torna dai vecchi compagni per ricostituire la Big Brother) e si mette al lavoro per la realizzazione del terzo album, “Pearl”. Lei è entusiasta, pensa di aver finalmente trovato il ritmo giusto della sua vita e si dedica con grande zelo ai nuovi brani, ma la tensione è troppo alta e lei troppo debole, così cade per l’ennesima volta nella trappola dell’eroina.

“Pearl” esce nel 1971 ed ottiene un grandissimo successo, soprattutto con brani come “Cry baby”, “Get it while you can”, “My baby” e “Me and Bobby mcGee” (cover di un pezzo di Kris Kristofferson). La maturità vocale di Janis Joplin stupisce per la sua pienezza e la capacità di plasmarsi dolcemente su qualsiasi tipo di suono, la band possiede un sound coinvolgente e una professionalità non indifferente.

Purtroppo però Janis non riesce a godere di questo trionfo. Il 4 ottobre 1970 il suo corpo viene trovato senza vita in una camera del Landmark Motor Hotel di Hollywood, riverso in una pozza di sangue: il setto nasale rotto per l’impatto con un comodino. Janis Joplin, ventisette anni, era morta di overdose.

Fonte: Biografieonline

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