Sono vittima di un femminicidio di Ariella G.

Sono vittima di un femminicidio di Ariella G. Sto tremando. Ho paura del suo ritorno a casa, mi guardo attorno, tutto è lindo, lustro, no, non può rimproverarmi o picchiarmi perché non ho fatto il mio dovere però ho paura lo stesso, trova sempre un pretesto per pestarmi a sangue, ho le braccia piene di lividi, la schiena che mi fa male, le gambe anche piene di lividi, oggi quale sarà la causa del suo picchiarmi senza senso?

Era così gentile e dolce quando l’ho conosciuto, l’ho amato subito, mi riempiva di attenzioni e carezze, mi diceva che ero troppo bella per lui e io ridevo per questo e lui si oscurava in volto quando mi vedeva sorridere per questo motivo, non ho mai dato importanza al suo sguardo ombroso, né alle sue mani troppo strette ai miei polsi, mi dicevo: è troppo geloso, gli darò la fiducia necessaria per non esserlo più.


Tutto è cominciato dopo il matrimonio, non ha voluto che continuassi a lavorare, dovevo stare in casa, ho fatto resistenza perché volevo dare alla famiglia il mio contributo, lui ha cominciato a urlare che andare a lavorare per me era motivo di uscire e conoscere altri uomini e mi ha picchiato, due sonori ceffoni che mi hanno fatto sbattere contro la parete, mi sono terrorizzata per la violenza subita e ho taciuto, non ho reagito.

Da allora trova ogni piccolo pretesto per picchiarmi e io non ne posso più, devo trovare la soluzione al più presto per andarmene da casa, non ne posso parlare con i miei genitori, mio padre viene a casa e succede una tragedia, devo trovare una di quelle associazioni che aiutano le donne che subiscono violenze domestiche, devo andare anche dai carabinieri e denunciarlo, sono disperata e impaurita da quello che potrebbe succedermi, però devo uscire da questa situazione prima possibile.


Sento la chiave nella toppa, la porta si apre e lui mi viene incontro, mi abbraccia e mi dice: ”che hai fatto oggi?” rispondo con un filo di voce: ” sono uscita per la spesa….” non finisco la frase che una gragnunola di pugni si abbatte su di me, cerco di ripararmi il viso con le braccia, niente lo ferma, continua a colpirmi il viso, il corpo, le gambe con i calci, cado a terra e mi abbandono a quella furia devastante, vedo tutto nero.

Lui è uscito, a fatica raggiungo il telefono e chiedo del 118 ”venite a prendermi, sto male, tanto male…”, intanto mi trascino verso la porta e la apro, resto lì, distesa a terra, senza lacrima e con un dolore cocente per tutto il corpo, faccio fatica respirare, vorrei svenire per non sentirlo più e poco dopo ecco i volontari che mi raccolgono, mi mettono su una barella e corrono al pronto Soccorso. Costole fratturate, mento fratturato, occhio pesto, arriva un agente della polizia e mi domanda chi è stato, rispondo: ”mio marito…”, lui tace e mi guarda, mi stringe la mano poi scrive e se ne va.


Papà e mamma sono esterrefatti quando mi vedono, vogliono sapere e per non far succedere tragedie io mento, dico loro che sono caduta dalle scale, non devono sapere almeno per ora, chiedo se posso andare da loro per un periodo, dicono che è sempre casa mia la loro. Poi arriva lui, e l’agente non lo fa entrare nella camera dove sono distesa su un letto di ospedale. C’è una denuncia a suo carico fatta proprio dall’agente di polizia che mi ha interrogata.

Quando esco dall’ospedale trovo i miei genitori ad aspettarmi, mi portano a casa e mi circondano di amore e attenzioni, poi una sera mia padre mi chiede: ”Ora dimmi la verità, sei stata aggredita per strada?” Lui è ben lontano dalla verità angosciosa che ho vissuto e scoppio a piangere, lui mi abbraccia: ”Bambina ma cosa sta succedendo, parla per favore!” Allora racconto tutto, delle violenze subite, dalla gelosia incontrollata di mio marito, delle sue percosse e della sua violenza psichica che mi ha messo in uno stato di terrore continuo.


Impallidisce il mio papà e stringe i pugni, allora dico: ”No papà ho fatto la denuncia all’agente di polizia, ora non può avvicinarmi, sta tranquillo, è finita!” Mia mamma mi è vicina e mi stringe le mani, piange in silenzio e non sa cosa dire, spero che tutto questo sia un giorno un brutto sogno, ora però devo vivere la realtà del presente, trovarmi un lavoro e cominciare una nuova vita, separarmi e divorziare da quel mostro che ho sposato.

Cammino serena per la strada, ora ho un lavoro, vivo in un appartamentino tutto mio e conduco una vita semplice, ho amiche e amici con i quali esco a divertirmi e rilassarmi, sì sono serena, piano piano le ombre del passato si allontanano…. mi si para davanti con gli occhi sbarrati e con una violenza inaudita mi sbatte per terra colpendomi con calci e pugni, la gente si avvicina e cerca di allontanarlo da me, ma lui si divincola e continua, continua… vedo tutto nero!


Mi risveglio in un letto di ospedale, sono bendata da tutte le parti, faccio fatica respirare, il respiro mi causa delle fitte tremendo al costato, papà e mamma sono al mio capezzale, gli occhi pieni di lacrime, ”Sta tranquilla Rachele, lo hanno ingabbiato, non potrà farti mai più del male!” Non è vero, quando uscirà me lo vedrò di nuovo davanti, devo sparire, cambiare città, devo, devo….

Vedo dall’alto il mondo, sono leggera, evanescente, guarda in basso e vedo il mio corpo steso in un bagno di sangue, capisco solo in questo momento che sono morta per mano dell’uomo che diceva di amarmi, mi ha uccisa perché ho avuto il coraggio di uscire dal suo cerchio di violenza, sono morta perché non ho avuto la protezione necessaria

Foto di PSC Law