Bellezza il suo concetto secondo i filosofi antichi

Bellezza il suo concetto secondo i filosofi antichi. Per quanto riguarda l’etimologia, la parola “bello” deriva dal latino “bellus” che significa “bello, affascinante”. Ampiamente utilizzato in epoca classica solo per donne e bambini, mentre per gli uomini aveva un senso peggiorativo e legato ad Apollo, il dio della bellezza e della guerra.Tuttavia, il termine, prima della sua definizione latina, potrebbe anche provenire dall’indoeuropeo DW-EYE, avvicinandolo ad altri termini, come “buono” e “bene”.

In un certo senso, il fascino e il mistero della bellezza stanno proprio nell’intangibile, nell’immateriale, nel’irraggiungibile, e su questo non c’è nulla da aggiungere: il bello sarà sempre un mistero che un po’ ci appartiene e un po’ ci sfugge, giusto? Quindi, una cosa è certa: possiamo sempre usare la nostra nozione di bellezza come punto di partenza per la creazione artistica e, soprattutto nel campo della moda e del design dell’abbigliamento, come un supporto infinito al servizio della creatività, della ricerca e della produzione.

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Tutte le discussioni sulla bellezza e il suo significato sono iniziate nell’estetica greca e si basano fondamentalmente sulla visione del mondo dei filosofi dell’epoca, secondo cui la vita e l’arte sono fondate su equilibrio, simmetria, armonia e proporzionalità.

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Per Platone, filosofo greco del V secolo a.C., la bellezza è universale e non dipende da chi la osserva, perché è contenuta nell’oggetto stesso, nella creazione. Per Platone tutto ciò che esiste nel mondo sensibile (imperfetto) è una copia di ciò che si trova nel mondo intelligibile (perfetto). In uno dei suoi miti più noti, Il mito della caverna, viene presentata una chiara allegoria su come la nostra percezione di ciò che chiamiamo realtà sia il prodotto di una costruzione soggettiva, spesso influenzata da un “inconscio collettivo” che ci condiziona e imprigiona, come gli attuali standard di bellezza.

Socrate, uno dei tre principali pensatori dell’antica Grecia (V secolo – 470 a.C.), credeva che la bellezza fosse una concordanza osservata dagli occhi e dalle orecchie, ossia qualcosa di percepibile attraverso i sensi. Secondo Socrate, “il bello è l’utile”, cioè la bellezza non è associata all’aspetto di un oggetto, ma a quanto questo risponde a una funzione. In questo senso la bellezza ha un carattere pratico, come risultato di un prodotto o di una situazione concreta.

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Aristotele, discepolo di Platone, aveva un altro concetto di bellezza. Per lui un’opera poteva essere considerata bella solo se era in grado di promuovere la catarsi nei suoi ammiratori. In questa concezione, la catarsi non è altro che la purificazione dell’anima e delle idee di un’opera d’arte e, secondo lui, la catarsi avviene nella tragedia! Dopotutto, era attraverso il teatro tragico che la gente rifletteva su ciò che l’opera mostrava, a differenza della commedia che, sebbene divertente, non promuoveva la riflessione, ma solo uno stato di “entusiasmo” temporaneo su condizioni umane poco nobili o, addirittura, poco belle secondo la società greca classica.

Fonte: haudaces.com/it

Foto di  Tunglam89 da Pixabay

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