18 dicembre 1941 inizia l’impresa di Alessandria con mezzi d’assalto subacquei

18 dicembre 1941 inizia l’impresa di Alessandria con mezzi d’assalto subacquei. Notte fra il 18 e il 19 dicembre 1941, sei uomini della Regia Marina a cavallo di tre mezzi d’assalto subacquei, i siluri a lenta corsa, chiamati in gergo maiali, forzano il porto nemico di Alessandria d’Egitto, affondano due grosse navi da battaglia inglesi, le corazzate Queen Elisabeth e Valiant, rispettivamente di 33.550 e 27.500 tonnellate, e danneggiano gravemente la nave cisterna Sagona e il cacciatorpediniere Jervis.

La preparazione dell’attacco, per quanto competeva agli operatori della Xª, venne attuata con la massima meticolosità. L’allenamento del personale era pesantissimo, i materiali sempre all’avanguardia. Non altrettanto valido risulterà invece il supporto informativo, soprattutto per quanto riguarda le informazioni fornite dal SIM sulla situazione all’esterno del porto e per il piano di fuga.

LEGGI ANCHE >>>>> Galbi piatto tipico dalla Corea con il sapore

La notte del 3 dicembre il sommergibile Sciré comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese lasciò La Spezia per la missione G.A.3.

Dopo uno scalo a Lero, nell’Egeo, per imbarcare gli operatori dei mezzi d’assalto giunti sul posto dopo il trasferimento aereo dall’Italia, il 14 dicembre il sommergibile si diresse verso la costa egiziana per l’attacco previsto nella notte del 17. Una violenta mareggiata però fece ritardare l’azione di un giorno.

LEGGI ANCHE >><<< Mostarda fatta un casa in 4 giorni

La notte del 18, con condizioni del mare ottimali, approfittando dell’arrivo di tre cacciatorpediniere che obbligarono i britannici ad aprire un varco nelle difese del porto, i tre SLCV (siluro a Lenta Corsa), pilotati ciascuno da due uomini (un ufficiale capo equipaggio e il suo sezionario), penetrarono nella base per dirigersi verso i loro obiettivi. Gli incursori dovevano giungere sotto la chiglia del proprio bersaglio, piazzare la carica d’esplosivo e successivamente abbandonare la zona dirigendosi a terra e autonomamente cercare di raggiungere il sommergibile Zaffiro che li avrebbe attesi qualche giorno dopo al largo di Rosetta.

Martellotta e Mario Marino, sull’SLC nº 222, costretti a navigare in superficie a causa di un malore del primo, condussero il loro attacco alla petroliera Sagona. Questa nave era un obiettivo assegnato dal comandante Borghese in subordine, se constatata l’assenza in porto della portaerei in forza alla Mediterranean Fleet. Dopo aver preso terra vennero anch’essi catturati dagli egiziani. Intorno alle sei del mattino successivo ebbero luogo le esplosioni. Quattro navi furono gravemente danneggiate nell’impresa: oltre alle tre citate anche il cacciatorpediniere HMS Jervis, ormeggiato a fianco della Sagona, fu infatti vittima delle cariche posate dagli assaltatori italiani.

LEGGI ANCHE >>>>> Avatar film da tre Oscar esce nelle sale cinematografiche il 18 dicembre 2009

Antonio Marceglia e Spartaco Scherga sull’SLC nº 223, in una «missione perfetta», «da manuale» rispetto a quelle degli altri operatori, attaccarono invece la Queen Elizabeth, alla quale agganciarono la testata esplosiva del loro maiale, quindi raggiunsero terra e riuscirono ad allontanarsi da Alessandria, per essere catturati il giorno successivo, a causa dell’approssimazione con la quale il servizio segreto militare italiano, il SIN,, aveva preparato la fuga: vennero date ai palombari banconote che non avevano più corso legale in Egitto e per cercare di cambiare le quali l’equipaggio perse tempo. Nonostante il tentativo degli italiani di spacciarsi per marinai francesi appartenenti all’equipaggio di una delle navi internate in rada, vennero riconosciuti e catturati.

L’impresa riuscì a risollevare il morale dell’Italia, che dopo la sconfitta di Capo Matapan (l capo più meridionale del Peloponneso) era stato messo a dura prova.

Fonte: wikipedia.org

Foto di marina.difesa.it