Arthur Rimbaud poeta trasgressivo e maledetto si spegne il 10 novembre 1891

Arthur Rimbaud poeta trasgressivo e maledetto si spegne il 10 novembre 1891. L’abbandono della famiglia da parte del padre, quando il piccolo Arthur aveva solo sei anni, segnò certamente tutta la sua vita, anche se in maniera più sottile di quanto si possa immaginare. La scelta del padre condannò infatti non solo la sua famiglia alla povertà, ma lasciò la responsabilità dell’educazione dei figli solo alla madre, che non era certo un esempio di liberalità.

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Educato dunque in famiglia e a scuola secondo gli schemi più tradizionali, si segnalò per la straordinaria precocità intellettuale componendo versi sin dall’età di dieci anni, incoraggiato da un maestro locale nei suoi tentativi di scrittura.

A sedici anni, seguendo la sua inclinazione visionaria e selvaggia, buttò all’aria con decisione la tranquilla vita che gli era stata preparata, fuggendo dapprima ripetutamente di casa poi intraprendendo un vagabondaggio solitario che lo portò lontanissimo dal suo ambiente familiare. Una delle prime fughe verso Parigi coincide con la stesura del suo primo poema (la data è quella del 1860). Arrestato però per non aver con sé il biglietto del treno, fu costretto a fare ritorno a casa.

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Scappato infatti ancora una volta a Parigi, in quei giorni convulsi si entusiasmò per la comune di Parigi, viaggiò a piedi, senza soldi, attraverso la Francia in guerra, e fece vita da strada. Fu allora che cominciò a leggere ed a conoscere poeti considerati “immorali”, come Baudelaire e Verlaine. Con quest’ultimo ebbe poi una lunga, appassionata storia d’amore, talmente difficoltosa e lacerante che, nell’estate del 1873, durante un soggiorno in Belgio, Verlaine, in uno stato di ubriaca frenesia, ferì l’ amico ad un polso e venne incarcerato. Ma l’influenza più duratura su di lui fu indubitabilmente quella di Baudelaire.

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Ma nella sua tormentata errabonda vita egli compose una poesia contro la guerra che postiamo

IL MALE

Mentre gli sputi rossi della mitraglia
sibilano senza posa nel cielo blu infinito;
scarlatti o verdi, accanto al re che li schernisce
crollano i battaglioni in massa in mezzo al fuoco,

mentre un’orrenda follia, una poltiglia
fumante fa di centomila uomini,
– Poveri morti! Nell’estate, nell’erba e nella gioia
tua, o natura! tu che santamente li creasti!

– C’è un dio che ride sulle tovaglie di damasco
degli altari, nell’incenso e nei grandi calici d’oro,
che s’addormenta cullato dagli Osanna,

– e si risveglia, quando madri chine
sulla loro angoscia, piangendo sotto i vecchi cappelli neri
gli danno un soldo legato nel loro fazzoletto.

di Arthur Rimbaud

Fonte: Biografieonline

Foto di Aforismi – Meglio.it