Jim Jones guida il più grande suicidio di massa a Jonestown il 18 novembre 1978

Jim Jones guida a un suicidio di massa a Jonestown il 18 novembre 1978. Jonestown (Guyana), Jim Jones guida il Tempio del popolo ad un suicidio di massa. Muoiono 913 persone, tra cui 276 bambini.

Jim Jones, il cui nome completo è James Warren Jones, nasce il 13 maggio del 1931 in un’area rurale di Randolph County, nell’Indiana, al confine con l’Ohio, figlio di James Thurman, un veterano della Prima Guerra Mondiale e di Lynetta. Quando ha solo tre anni, Jim si trasferisce con il resto della famiglia a Lynn, a causa delle difficoltà economiche dovute alla Grande Depressione: è qui che cresce appassionandosi alla lettura, studiando sin da ragazzo il pensiero di Jospeh Stalin, Adolf Hitler, Karl Marx e del Mahatama Gandhi e prestando attenzione a ogni loro punto di forza e a ogni loro debolezza.

Nello stesso periodo, egli inizia a sviluppare un forte interesse per la religione e comincia a simpatizzare con la comunità afro-americana della sua regione.

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Nel 1949 Jim Jones si sposa con l’infermiera Marceline Baldwin, e con lei va a vivere a Bloomington, dove frequenta l’università locale. Due anni dopo si sposta a Indianapolis: qui si iscrive alla scuola serale della Butler University (si laureerà nel 1961) e frequenta il Partito Comunista.

Sono anni di notevoli difficoltà per Jones: non solo per il mccartismo ma anche per l’ostracismo che i comunisti statunitensi devono sopportare, soprattutto durante il processo di Julius e Ehel Rosenberg. È per questo che egli ritiene che l’unico modo per non rinunciare al suo marxismo consista nell’infiltrarsi nella chiesa.

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Nel 1952 diventa uno studente della Sommerset Southside Methodist Church, ma deve lasciarla poco dopo in quanto i suoi superiori gli impediscono di integrare anche la popolazione nera nella congregazione. Il 15 giugno del 1956 organizza un enorme incontro religioso in un centro di Indianapolis, il Cadle Tabernacle, dove condivide il pulpito con il reverendo William M. Branham.

Poco dopo, Jones dà vita a una sua chiesa, che prende il nome di People’s Temple Christian Church Full Gospel. Abbandonato il partito comunista, nel 1960 viene nominato dal sindaco democratico di Indianapolis Charles Boswell direttore della Commissione per i Diritti Umani. Ignorando i suggerimenti di Boswell, che gli consigliava di tenere un profilo basso, Jim Jones fa conoscere il proprio pensiero in programmi della tv e della radio locali.

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Giorno dopo giorno, mese dopo mese, diventa un predicatore sempre più acclamato dalla popolazione, anche se criticato per la sua visione integralista da molti uomini d’affari bianchi. Nel 1972 si trasferisce a San Francisco, dove lotta a favore di una specie di socialismo cristiano e contro gli sfratti e la speculazione edilizia, attirando il consenso di molte persone diseredate, specialmente afro-americane.

Qui appoggia George Moscone, candidato sindaco democratico che, una volta eletto, permette a Jones di entrare a far parte della Commissione interna comunale.

Nel frattempo, però, alcune dicerie mettono in cattiva luce il predicatore dell’Indiana: mentre egli afferma di avere la capacità di compiere miracoli, si diffondono voci di presunte molestie sessuali da lui compiute nei confronti di diversi adepti.

Secondo i sostenitori di Jim Jones, queste voci sono messe in giro da esponenti del governo, visto che le istituzioni sono preoccupate dalla minaccia che il predicatore rappresenta per il capitalismo e per gli interessi della classe dirigente. Intimorito dalle accuse sempre più frequenti che lo riguardano, egli si mette segretamente d’accordo con il governo della Guyana entrando in possesso di alcuni appezzamenti di terreno in quel Paese.

Durante l’estate del 1977, dunque, vede la luce Jonestown, una sorta di terra promessa voluta dal reverendo in mezzo alla giungla (tra una vegetazione particolarmente fitta che la isola dalla realtà esterna) che viene raggiunta da circa un migliaio di persone con voli charter e aerei di cargo.

Considerata da Jim il posto ideale per trovare la salvezza da un olocausto nucleare e per pregare, Jonestown nel 1978 viene raggiunta da un gruppo di giornalisti e da Leo Ryan, deputato del Congresso che, nel corso della sua visita, riceve un messaggio in cui viene denunciata la schiavitù che si applica nella comunità.

Il deputato, scoperto dalle guardie del corpo di Jones, viene ucciso con la sua scorta mentre si appresta a risalire sull’aereo che avrebbe dovuto riportarlo negli Stati Uniti.

Jim Jones muore a Jonestown il 18 novembre del 1978: il suo corpo viene ritrovato con un colpo di proiettile in testa, al fianco di altri 911 cadaveri: un suicidio voluto dal reverendo per difendersi dall’invasione del Male. L’evento è tristemente ricordato come il più grande suicidio di massa conosciuto.

Fonte: biografieonline.it

Foto di ilpost.it