Le misteriose morti del passo Dyatlov

Le misteriose morti del passo Dyatlov

Le misteriose morti del passo Dyatlov. Si tratta di uno dei maggiori misteri dell’ex Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Stiamo parlando delle misteriose morti del passo Dyatlov – dal nome di Igor Dyatlov – avvenute nel febbraio del 1959 sulle montagne degli Urali (Russia).

Il Primo Ministro Gabriel Attal: il primo dichiaratamente gay della Quinta Repubblica Francese

Ci troviamo sulle montagne degli Urali, nove escursionisti russi – il 2 febbraio del 1959 – persero la vita in circostanze poco chiare sulle montagne degli Urali. Il gruppo era composto di dieci persone – composto di otto uomini e due donne – in prevalenza studenti e neolaureati presso dell’Istituto Politecnico degli Urali, l’attuale Università Federale degli Urali. Il gruppo di giovani si stava recando per intraprendere un’escursione con gli sci di fondo attraverso gli Urali settentrionali, nell’oblast’ di Sverdlovsk.

Ecco l’elenco completo dei membri della spedizione:

  1. Igor Alekseevič Djatlov, 23 anni
  2. Zinaida Alekseevna Kolmogorova, 22 anni
  3. Ljudmila Aleksandrovna Dubinina, 23 anni
  4. Aleksandr Sergeevič Kolevatov, 24 anni
  5. Rustem Vladimirovič Slobodin, 23 anni
  6. Jurij Alekseevič Krivoniščenko, 23 anni
  7. Jurij Nikolaevič Dorošenko, 21 anni
  8. Nikolaj Vladimirovič Thibeaux-Brignolles), 23 anni
  9. Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv, 38 anni
  10. Jurij Efimovič Judin, 22 anni

Jurij Efimovič Judin – l’unico superstite – dovette abbandonare il gruppo per motivi di salute, e rientrare alla base. Da quel momento il gruppo divenne di nove persone che non faranno più ritorno a casa.

Infatti, i loro corpi furono rinvenuti con diverse ferite gravi e segni d’ipotermia. Inoltre una tenda era stata tagliata dall’interno e non furono riscontrate tracce di aggressioni esterne. Quelle morti divennero un mistero.

Chiromanzia, l’antica arte mistica della lettura della mano

Il gruppo sarebbe dovuto arrivare al monte Otorten (oltre i 1200 metri di altitudine) e così il 23 gennaio del 1959, partì dal villaggio di Vizhay (a circa 350 chilometri a nord di Ekaterinburg).

Il 31 gennaio, raggiunsero il passo Dyatlov – che prese quel nome dopo la tragedia – un valico situato a mille metri di altitudine, dove decisero di stabilire il loro campo base. I diari e le foto ritrovate, mostravano che i ragazzi avevano trascorso la loro ultima notte in allegria, preparando da mangiare e cantando canzoni per poi ritirarsi nelle loro rispettive tende.

La mattina successiva non arrivò alla base il messaggio radio previsto e il 2 febbraio non raggiunsero il punto di incontro con il gruppo di soccorso. Mentre il 4 febbraio non fecero ritorno a Vizhay come stabilito.

A quel punto, i famigliari lanciarono l’allarme organizzando le prime spedizioni di ricerca. Solo il 26 febbraio, una squadra di volontari, ritrovò la tenda – semi sepolta dalla neve e squarciata dall’interno – con tutti i loro effetti personali compresi l’abbigliamento pesante, gli scarponi e gli zaini.

Intorno alla tenda furono trovate delle impronte di piedi nudi o con solo le scarpe che si dirigevano in direzione del bosco. I soccorritori seguendo quelle impronte, scoprirono i primi cinque cadaveri: Igor Dyatlov, Zinaida Kolmogorova, Rustem Slobodin, Yuri Doroshenko e Yuri Krivonischenko.

Tutti loro erano vestiti in maniera inadeguata per le temperature rigide, e alcuni erano anche senza scarpe e altri non indossavano i pantaloni. E tutti mostravano i segni di ipotermia ma nessuna ferita da eventi. Ad eccezione di Rustem Vladimirovič Slobodin cui gli fu riscontrata una frattura al cranio non letale.

Lyudmila Dubinina, Alexander Kolevatov, Nicolai Thibeaux-Brignolle e Semyon Zolotaryov furono ritrovai morti solo due mesi dopo (4 maggio) in un’area distante dalla tenda e più precisamente in una depressione coperta da quattro metri di neve.

Impanata di pollo

Loro furono trovati con indosso abiti più adeguati al freddo, e alcuni indumenti erano stati presi dai loro compagni deceduti. E tutti riportavano delle ferite gravi e insolite come ad esempio fratture multiple al torace e al cranio e la mancanza degli occhi, della lingua e labbra, oltre a lividi interni. Nessuna lesione esterna e neppure tracce di sangue e alcuni dei loro abiti erano radioattivi.

Le autorità sovietiche chiusero l’inchiesta affermando che la morte degli escursionisti fu causata da una “forza irresistibile” non indentificata, alimentando nel tempo diverse teorie.

La più realistica è quella della valanga. Il gruppo di escursionisti sarebbe stato sorpreso da una valanga notturna, che li costrinse a tagliare la tenda e fuggire in fretta e furia e nel panico. Tuttavia, questa teoria presenta alcune incongruenze, come il fatto che la tenda non fosse completamente sepolta dalla neve, che le impronte fossero ancora visibili, e che le ferite fossero troppo gravi per essere causate da una valanga di piccole dimensioni.

Una seconda ipotesi parla di un test nucleare segreto. Questa teoria si basa sul fatto che nella zona dell’incidente ci fossero delle installazioni militari, e che alcuni testimoni avessero riferito di aver visto delle luci e dei rumori insoliti nel cielo. Però non furono riscontrate tracce radioattive nella zona.

L’altra teoria ipotizza un attacco di animali selvatici ma non spiega perché non ci fossero tracce di sangue o di lotta, né perché gli animali non avessero divorato i corpi o portato via i resti.

L’ultima ipotesi parla di alieni. Questa teoria si basa sul fatto che alcuni testimoni avessero riferito di aver visto degli oggetti volanti non identificati nella zona, e che alcuni dei corpi fossero stati sepolti con sarcofagi di metallo.