Al mercato delle pulci racconto breve di Vincenzo Calaminici

Al mercato delle pulci racconto breve di Vincenzo Calaminici. Un racconto dolce e romantico di un sogno divenuto realtà, un momento sospeso di dolcezza e gratitudine che trasmette non solo un attimo rubato ma anche una infinita tristezza del ritorno alla realtà.

Al mercato delle pulci

Mi svegliai di buon ora, come sempre, perché il mattino ha l’oro in bocca, ero pronto ad affrontare il mondo, come tutti i giorni, mi lavai svelto, indossai i miei unici capi di vestiario, smunti, sgualciti, pieni di buchi osceni, vecchi come la città di Babilonia ma profumati… del profumo dei fiori di montagna. Imboccai l’uscio di casa e discesi per la strada del quartiere a piedi scalzi, per sentire sotto alle dita il freddo della strada. In mano il mio sacchetto di iuta, piccolo ma resistente, con dentro le mie 100 monete d’oro finto, avevo deciso di spenderle, spenderle tutte per qualcosa di unico, in fondo era tutto quello che possedevo.

Mentre passeggiavo, pensando a cosa avrei comprato, notai sul ciglio della strada un volantino pubblicitario, annunciava l’arrivo in città del Mercatino delle Pulci, proprio quel giorno avrebbe aperto al pubblico, era un evidente segno del destino, piegai in quattro il volantino, infilandolo in tasca e m’incamminai verso il mercatino, subito fuori città, in mezzo ai campi di grano che cingevano la stessa come mura medievali, avrei dovuto camminare scalzo anche tra l’erba alta… il pensiero m’allietava.

Arrivai sul cucuzzolo prima del mercato fischiettando, a breve avrei scambiato le miei preziose monete con un oggetto che avrei sempre portato con me, appena mi sporsi da sopra la collina, il tendone del mercatino mi si mostrò in tutta la sua magnificenza, pieno di colori impensabili e tanta gente che entrava ed usciva con frenesia e felicità, toccava a me… mi misi a correre per abbreviare l’attesa.

Prima dell’ingresso, saltimbanco, giocolieri, mangiafuoco e abili truffatori del gioco delle tre carte, dava l’impressione d’essere un circo più che un mercato dell’usato, l’enorme squarcio che fungeva da ingresso era circondato da fiori profumatissimi, raccolti nei campi circostanti… entrai con la curiosità che contraddistingue i bambini, con tutta l’ingenuità di questo mondo e anche di qualche mondo più lontano.

Incrociavo persone con oggetti assurdi in mano, ridenti passanti che stringevano cose dal valore prossimo allo zero ma sorridenti come se avessero vinto alla lotteria. Appena dentro, l’enorme ambiente mi si mostrava accogliente, pieno zeppo come un uovo dava l’impressione di essere vicino all’esplosione, notai subito la titolare, a me di spalle, ebbi subito la sensazione di conoscerla, quei ricci capricciosi mi raccontavano di una donna già trovata, magari in sogno ma, ne fui certo, già la conoscevo. Apprezzai i suoi modi, il suo gesticolare veloce e sicuro, restai fermo, a gustarmela da lontano, mentre rifilava assurdità ad acquirenti che furono addirittura felici d’essere raggirati, proprio in quel momento riuscì a vendere un palloncino bucato, a forma di coniglio a un signore che gli allungò, ringraziandola, una grossa manciata di monete d’oro finto e si allontanò, passandomi vicino.

Lo fermai per chiedergli quanto gli era costato quel palloncino forato, inutilizzabile e pure sporco, lui, con un sorriso estasiato mi rispose che aveva versato 150 monete d’oro finto, la cosa mi preoccupò… cosa mai avrei potuto comprare con solo 100 monete d’oro finto? Mi avvicinai alla titolare, alla direttrice e lei, senza che io emettessi un suono o alcun tipo di rumore, mi anticipò girandosi, regalandomi la scintilla dei suoi occhi furbi, anche questi mi sussurravano di un qualcosa di già visto, anche lei ebbe la stessa sensazione, i suoi gesti rallentati, rispetto alla precedente frenesia, era una prova tangibile ma, entrambi, facemmo finta di ignorare quel sentire comune.

“Come posso aiutarla?”… la sua voce calda mi scese per le vene, sentivo il fuoco dentro me bruciare, feci tanta difficoltà a contenere l’anima, presi un bel respiro e… “Ho 100 monete d’oro finto, cosa posso comprare? Voglio un qualcosa di unico, di speciale, da poter mostrare a vanto in giro per la città!”

Annui, facendomi segno di seguirla, iniziò a mostrarmi e a propormi delle cose immonde…

“Con 100 monete d’oro finto potrei darle questa… una macchina da scrivere già scritta! Un pezzo unico, la provi…”, feci cenno di no con la testa, soffermandomi a fissargli le labbra, rosse e lucide come due ciliegie, lei se ne accorse e provo a rifilarmi un’altra assurdità, “spietata!!” pensai, prima che m’illustrasse l’articolo azzardai una richiesta “… e un suo… un tuo bacio? Quanto costa un tuo bacio?”, gli allungai il sacchetto con le monete ma lei mi spinse indietro le mani, “Non ha prezzo un bacio! Davvero volevi comprarlo con 100 misere monete d’oro finto?” “E’ tutto quello che ho e non sono misere… è il mio tesoro!”, non si scompose, continuò a propormi articoli insensati… “In questa bottiglia c’è il fumo originale della sigaretta di Marylin Monroe, è stata lei stessa a soffiarlo dentro! Oppure posso darle la lettera con il destinatario già inserito è comodissima!” “Ma voglio un tuo bacio!” “Non ha prezzo!”. Andammo avanti fino a sera con la trattativa, lei proponeva l’improponibile e io chiedevo l’impossibile, fin quando restammo solo io e lei, li capii che era ora di andare e di rinunciare al bacio, così la ringraziai per la pazienza e la disponibilità e mi girai per avvicinarmi all’uscita, non prima però di aver rubato ancora, dal suo viso, attimi gratuiti di estasi, lei mi sorrise salutandomi con gli occhi.

Prima di arrivare all’uscita pensai se fosse il caso di girarmi, così per guardarla ancora una volta e, mentre questo pensiero mi si scioglieva in bocca, una mano mi si posò sulla spalla tirandomi a voltarmi, nemmeno il tempo di assecondarla che una cascata di riccioli mi ricoprì, come le stelle ricoprono il cielo di notte e lo colorano di scintille, labbra calde si posarono sulle mie rubandomi i segreti più nascosti e i suoi occhi si persero nei miei, socchiusi e luminosi abbagliandomi il cuore e l’anima… mi abbandonai.

Sentivo sollevarmi dal terreno, leggero come piume, come foglie, l’unico contatto con la vita erano le sue labbra, la abbracciai cingendole le schiena e lei si sollevò con me, stavamo in aria come le mongolfiere, il vento ci portava a destra e manca, pensai.. “sono una nuvola, bianca come il latte, una nuvola di primavera, senza ambizioni d’umido, solo una passeggera vagabonda dei cieli ed è bellissimo”. Man mano che il bacio ci avvolgeva, sentito intorpidire le mie mani, i pesi delle mie paure ansiose caddero al suolo rumorose, mi alleggerii ancor di più… fino a svenire… l’ultimo ricordo furono le stelle colorate e le mie palpebre che si chiusero come le serrande d’un negozio.

Mi risvegliai nel mio letto di paglia gialla, rimbambito come in un dopo sbornia, mi sfiorai le labbra sperando di trovarci attaccate ancora le sue, poi mi si schiarino i pensieri e dubitai che tutto quello fosse accaduto, poi pensai “e se fosse vero? Quanto mi sarà mai costato il bacio?”, corsi ai miei pantaloni per controllare le mie 100 monete d’oro finto, le contai a una a una.. “…98, 99 e 100”, girando i pantaloni notai un fruscio strano, infilai la mano nella tasca e vi trovai un biglietto, scritto a mano… “le cose che non hanno prezzo non si chiedono… il nostro bacio non ha prezzo“. Ancora oggi assaporo quel sorriso, sento le sue labbra che mi baciano, il suo profumo mi tiene compagnia, le onde del mare agitato mi riportano i suoi riccioli e la notte, quando il cielo è terso e la tramontana ne schiarisce i tratti, vado in mezzo ai campi e mi sdraio… rivedo nelle stelle il suo viso dolce e furbo, in quei bagliori mi perdo spensierato, cercando i riflessi dei suoi occhi e m’addormento… col cuore innamorato.

Vincenzo Calaminici

Fonte: leggereacolori

Foto di SEBASTIEN MARTY da Pixabay