Camoscio Appenninico specie protetta in via di estinzione. Tra i protagonisti della fauna del Parco d’Abruzzo spicca il camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata). Grazie all’istituzione del Parco e ad un’attenta tutela, questo raro ungulato è stato salvato dall’estinzione. Negli ultimi decenni la popolazione è aumentata in modo consistente, tanto da consentire, attraverso programmi di ricerca, la reintroduzione in altre aree protette dell’Appennino, da dove si era estinto in epoca storica; se vi capita l’occasione di avvistare qualche esemplare di camoscio, cercate di mantenere il più assoluto silenzio per non disturbarlo e costringerlo a fuggire.
Nell’osservazione vi accorgerete che le corna, assai sviluppate, il bel colore invernale del mantello e altre caratteristiche meno evidenti differenziano questo camoscio da quello alpino. Il camoscio d’Abruzzo è un erbivoro, prevalentemente legato alle praterie di altitudine, ma in inverno, quando la neve è abbondante, scende a rifugiarsi nel bosco. A maggio le femmine partoriscono un solo camoscetto. Nel Parco è presente su gran parte dei massicci più alti, tra cui i monti della Camosciara, il Monte Meta, la catena delle Mainarde, il Monte Amaro, il Monte Marsicano e le montagne che circondano la Val Canneto.
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Il camoscio appenninico è prevalentemente legato agli ambienti d’alta quota (1.200-2.000 m s.l.m.) Caratterizzati da praterie e pareti scoscese; in inverno, quando la neve è abbondante, scende più a valle nel bosco; è un erbivoro; particolarmente importante per la dieta, grazie alla ricchezza di proteine, è la comunità vegetale del Festuco-Trifolietum thalii; la stagione degli amori è a ottobre-novembre; in questo periodo i maschi ingaggiano delle spericolate lotte per potersi accoppiare con più femmine e a maggio le femmine partoriscono un solo camoscetto.
Se è allarmato il camoscio emette un tipico fischio di avvertimento.
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Le corna, presenti in entrambi i sessi, sono molto sviluppate. Il mantello estivo ha un colore marrone chiaro piuttosto uniforme, mentre in inverno assume una tipica e vistosa colorazione composta da fasce bianche, nere e brune a contrasto.
Grazie all’istituzione del Parco e a un’attenta tutela, questo raro ungulato è stato salvato dall’estinzione.
Negli ultimi decenni la popolazione è aumentata in modo consistente, tanto da consentire, attraverso programmi di ricerca, la reintroduzione in altre aree protette dell’Appennino, da dove si era estinto in epoca storica.
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Al Parco è presente sui monti della Camosciara, sul Monte Meta, sulle Mainarde, sul Monte Amaro, sul Monte Marsicano e sulle montagne che circondano la Val Canneto.
Fonte: parcoabruzzo.it
Foto di nonmisvegliate da Pixabay