L’albero del riccio lettere dal carcere di Antonio Gramsci

L’albero del riccio lettere di Antonio Gramsci. Per il suo antifascismo e le sue ideologie Antonio Gramsci fu incarcerato, fra quelle mura scrisse delle bellissime lettere alla moglie e ai suoi due figli, Delio e Giuliano, inoltre ha scritto delle favole commoventi nel suo libro “L’albero del riccio” e qui trascriviamo una lettera, da un incipit, alla moglie e un suo particolare ricordo, molto tenero, della sua infanzia.

Carissima Tania,
oggi voglio raccontare per te, Delio e Giuliano, un episodio natalizio della mia fanciullezza, che vi divertirà e vi darà un tratto caratteristico della vita delle mie parti.
Avevo quattordici anni e facevo la terza ginnasiale a Santu Lussurgiu, un paese distante dal mio circa diciotto chilometri.
Con un altro ragazzo, per guadagnare ventiquattr’ore in famiglia, ci mettemmo in istrada a piedi il dopopranzo del 23 dicembre, invece di aspettare la diligenza del mattino seguente.
Cammina, cammina, eravamo circa a metà del viaggio, in un posto completamente deserto e solitario. A sinistra, un centinaio di metri dalla strada, si allungava una fila di pioppi con delle boscaglie di lentischi. A un tratto ci spararono un primo colpo di fucile sulla testa: la pallottola fischiò a una decina di metri in alto. Credemmo a un colpo casuale e continuammo tranquilli. Un secondo e un terzo colpo bassi ci avvertirono subito che eravamo proprio presi di mira e allora ci buttammo nella cunetta, rimanendo appiattiti un pezzo.

LEGGI ANCHE >>>>>> Ali di pollo croccanti con insalata cavolo cappuccio crudo mista

Da L’Albero del riccio:

Una sera d’autunno, quando era già buio ma splendeva luminosa la luna, sono andato con un altro ragazzo, mio amico, in un campo pieno di alberi da frutta, specialmente di meli. Ci siamo nascosti in un cespuglio, contro vento. Ecco, a un tratto, sbucano i ricci, cinque: due più grossi e tre piccolini. In fila indiana si sono avviati verso i meli, hanno girellato tra l’erba e poi si sono messi al lavoro: aiutandosi coi musetti e con le gambette, facevano ruzzolare le mele, che il vento aveva staccato dagli alberi, e le raccoglievano insieme in uno spiazzetto, vicine una all’altra.

LEGGI ANCHE >>>>>> Zuppa di lenticchie verdi speziate

Ma le mele per terra si vede che non bastavano; così il riccio più grande, col muso per aria, si guardò attorno,
scelse un albero molto curvo e si arrampicò, seguito da sua moglie. Si posarono su un ramo carico e incominciarono a dondolarsi: i loro movimenti si comunicarono al ramo che oscillò sempre più, con scosse brusche, e molte altre mele caddero per terra. Radunate anche queste vicino alle altre, tutti i ricci, grandi e piccoli, si arrotolarono con gli aculei irti, e si sdraiarono sui frutti, che rimanevano infilzati: c’era chi
aveva poche mele infilzate (i riccetti), ma il padre e la madre erano riusciti a infilzare sette o otto mele per ciascuno. Mentre stavano ritornando alla loro tana, noi uscimmo dal nascondiglio, prendemmo i ricci in un
sacchetto e ce li portammo a casa.”

LEGGI ANCHE >>>>>>

In questo aneddoto si sottolinea la delicatezza e la tenerezza espresse nella prosa; favole e lettere per i propri figli che Gramsci non riuscì più a rivedere perché si spense in carcere, non curato e malato il 27 aprile 1937, ma fu un esempio fulgido, quale il suo non piegarsi ai compromessi nel restare fedele alle proprie ideologie, al proprio pensiero e stile di vita.

Fonte: latecadidattica.it

Foto di liberliber.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *