Le mille e una notte favola Il pescatore e il segreto delle Colline Nere

Le mille e una notte favola Il pescatore e il segreto delle Colline Nere. Durante una battuta notturna nel mare, un pescatore molto povero pesca un vaso di rame, sul cui coperchio vi è il sigillo di re Salomone; il pescatore, strofinando meglio il coperchio per leggere l’iscrizione, non si accorge che ha destato dal sonno un jinn, furioso e pronto a uccidere il nuovo padrone della lampada, perché anni prima era stato imprigionato nel vaso dal re Salomone, detestando lui dei padroni, e ora ha voglia di vendicarsi anche di quest’ultimo malcapitato. Il pescatore tenta di discolparsi, senza smuovere però il jinn, che lo invita anzi a scegliere la sua morte con prudenza. A un tratto il pescatore pensa bene di ingannarlo, sostenendo il dubbio che sia impossibile per un genio così grande infilarsi in un vasetto così minuscolo. Dimostrando di poterlo fare, il jinn sparisce dentro il contenitore, che però viene chiuso ermeticamente dalla celerità del pescatore; il jinn ordina quindi di farlo subito uscire, benché il pescatore sia disposto a raccontargli una storia.

STORIA DI DUBAN

Il protagonista della vicenda è un medico persiano, Duban, che va alla corte del re di Grecia, ammalato di lebbra. Con l’aiuto di una polvere magica, Duban fa guarire il sovrano, che lo ricompensa con tanti doni. Un ambasciatore però avverte il re che lui è stato guarito solo perché il medico potesse ammazzarlo in maniera diversa. Il re risponde con una storiella che ha per protagonista Sindibad: costui aveva una moglie amante di un altro uomo, e desiderava tanto uccidere suo figlio, a costo che fosse Sindibad a farlo, con i suoi inganni. Sindibad però aveva un pappagallo parlante, in grado di raccontare tutto ciò che accadeva nella giornata. La moglie crudele provò a raggirare il pappagallo simulando una pioggia, affinché il pappagallo mentisse e risultasse inattendibile. E per questo fu ucciso da Sindibad, che però se ne pentì quando scoprì la verità. Allo stesso modo il re greco non vuole che l’ambasciatore provi a ingannarlo verso il medico persiano.

Il visir però racconta un’altra storia: una guardia del corpo deve sorvegliare l’incolumità del sovrano e del principe suo figlio durante una battuta di caccia. Purtroppo il ragazzo si spinge al di fuori delle possibilità di soccorso della guardia, che così non lo vede più, poiché il ragazzo è stato rapito dagli orchi, benché successivamente riesce a fuggire grazie agli Dei. La guardia del corpo però nel frattempo è uccisa per aver mancato ai suoi doveri

Tornando alla vicenda del medico Duban, il re greco è persuaso dall’ambasciatore a metterlo a morte; Duban lo supplica, chiedendogli di dargli un giorno per regalargli un prezioso libro, in grado di dare la vita dopo la morte. Per convincerlo a credergli, Duban chiede al re di essere decapitato, e che la sua testa sia posta sopra la copertina del volume, ricoperta di stoffa. Così viene fatto, e la stoffa si anima, esortando il sovrano a sfogliare il libro per conoscere il segreto della vita eterna. Sfortunatamente, le pagine sono incollate, e il re, inumidendosi le dita per sfogliarle, beve il veleno contenuto nel volume e muore.

Tornando alla storia del pescatore e del jinn, il genio malefico comprende la morale della favola, e prega ancora il pescatore di essere liberato, con la promessa di farlo arricchire. Il pescatore acconsente e il jinn lo porta in uno stagno, situato tra quattro grandi colli neri, dicendogli di prendere dei pesci, i quali, stando a lui, sono miracolosi e molto buoni, e frutteranno molti quattrini al pescatore, che porta il primo bottino di caccia alla corte del sultano. Il nobile è molto stupito della bontà dei pesci, e chiede informazioni al pescatore, rimanendo però molto deluso dallo schermirsi dell’uomo. Così una notte, in segreto, lo segue nello stagno, e scopre nei pressi un antico castello abbandonato e decide di visitarlo.

Con curiosità il sultano si accorge che solo all’esterno il castello è in rovina, mentre all’interno è ancora stupefacente, come dimostra una fontana piena di pietre preziose. Perlustrando la zona, il sultano si accorge della presenza del proprietario, ovvero un giovane prigioniero di un blocco di pietra che lo avvolge dal ventre ai piedi. Il giovane narra di essere vittima del sortilegio della moglie crudele, perché amava un altro uomo, ferito alla gola da lui in un accesso d’ira.

L’amante della moglie, ancora vivo, si trova fuori dal castello, in un’altra dimora, ma è terribilmente paralizzato per le ferite inflitte dal giovane principe bloccato nella pietra. Il sultano decide di vendicare il prigioniero, e si reca nella dimora dell’infedele, uccidendo il principe e prendendone il posto, mascherandosi. Quando la moglie strega giunge, lui la esorta a far tornare la felicità nella valle delle Quattro Colline, facendo tornare la vita e quei pesci nello stagno nelle creature umane che lei aveva maledetto: i cristiani, gli ebrei, i persiani e i turchi. La donna, accecata dall’amore, accetta e compie il rito, ma immediatamente è tranciata dalla spada del sovrano, che libera così anche il principe dalla maledizione, adottandolo come figlio, e ricompensando nella sua corte il povero pescatore.

Fonte: it.wikipedia.org

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