Naturismo in Svizzera nel 1900 nasce la prima comune

Naturismo in Svizzera nel 1900 nasce la prima comune. Il Naturismo tratta la fusione tra essere umano con Madre Natura, e le prime comuni che si assemblarono ebbero inizio con l’avvento degli hippie, figli dei fiori negli anni 60, ma l’articolo di Focus che postiamo interamente spiega molto chiaramente questo movimento che ha un giorno a lui dedicato ed è il 6 giugno di ogni anno.

Basta mettere piede sul Monte Verità per essere investiti dalla sua forza. Un senso di pace e insieme di energia che spinge alla contemplazione anche oggi. Figuriamoci come apparve questa verdissima collina sopra Ascona, nel Canton Ticino (Svizzera), con vista spettacolare sul Lago Maggiore e sulle montagne, a chi arrivò qui all’inizio del XX secolo in cerca di una vita libera dalle catene della società. Sul monte, che allora si chiamava Monescia, nacque infatti una delle prime comuni europee, che professava una controcultura e capace di calamitare artisti, intellettuali e rivoluzionari, in nome dell’utopia.

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Ma la storia merita di essere raccontata dall’inizio. Nell’autunno del 1900 sei giovani vagavano tra Monaco, l’Italia del Nord e la Svizzera del Sud. Il gruppo era formato da Henri Oedenkoven, belga, la sua compagna tedesca Ida Hofmann, Jenny, sorella di Ida, i due fratelli Gräser, Karl e Gusto, transilvani, e Lotte Hattemer, una berlinese ribelle. Portavano i capelli lunghi, domati da fasce, indossavano larghi abiti in lino bianco e semplici sandali sui piedi nudi: sembravano hippie ante litteram. Venivano da famiglie borghesi molto agiate, ma non sopportavano più un mondo troppo industrializzato, veloce, attaccato al denaro e che minacciava corpo e anima.

Appena arrivati ad Ascona, capirono di aver trovato il posto giusto: un enorme e rigoglioso bosco inerpicato su una collina alta 400 metri, affacciato sulle dolci acque del Verbano, dove non c’erano case né persone. La proprietà di 75mila metri quadrati era di Alfredo Pioda, un politico liberale di Locarno che fu felice di vendere a quei giovani desiderosi di mettere in pratica i principi della Lebensreform (Riforma della vita), un movimento radicato in Germania che professava il ritorno alla natura. Fu così che nacque la colonia di Monte Verità, come fu ribattezzato il Monescia.

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I “monteveritani” si misero subito all’opera: costruirono capanne dette “aria-luce” – spartani chalet di legno che non avevano luce elettrica né acqua corrente – e iniziarono a coltivare orti e piantare alberi da frutto per molte ore al giorno. Il lavoro manuale faceva parte del programma e i coloni erano vegetabiliani”: non assumevano nessun alimento di origine animale. Non solo.

Sulla collina dell’utopia erano banditi  tabacco, alcolici, caffè e persino il sale. Henri, Ida e gli altri si lavavano all’aperto anche d’inverno, sotto le docce, e completamente nudi prendevano bagni di sole e aria, considerati un benefico nutrimento di corpo e anima.

Ma non praticavano il libero amore: anche se rifiutavano l’istituzione del matrimonio, preferivano fare coppia fissa. Quando non lavoravano si dedicavano a esercizi di ginnastica euritmica (una sorta di danza) e la sera si ritrovavano nella Casa Centrale, dove leggevano, discutevano, meditavano e facevano musica (Ida era un’affermata pianista).

 Proprio la Casa Centrale, anch’essa di legno, nel 1904 diventò il Sanatorium Monte Verità, una specie di centro benessere dove gli ospiti accettavano l’esperienza comunitaria e pagavano come potevano, anche con il lavoro. A gestirlo erano rimasti Henri e Ida: Karl Gräser e Jenny, diventati una coppia in attesa di un bimbo, non sopportavano più la durezza della vita a Monte Verità e se ne andarono.

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Al contrario, Gusto si era ritirato a vivere in una grotta perché rifiutava l’elettricità che era intanto arrivata nella Casa Centrale. Dal Sanatorium iniziarono a passare molti ospiti: teosofi, riformatori, artisti, anarchici come Erich Mühsam, che definì il luogo la “repubblica dei senza patria” e voleva fondare la Società degli Ultimi, lo psicoanalista Otto Gross, che sognava di fondare l’Università per l’emancipazione dell’uomo, il filosofo e teologo Martin Buber, il politico e scrittore August Bebel. «Quasi subito arrivò anche lo scrittore Hermann Hesse, per disintossicarsi dall’alcol», spiega Nicoletta Mongini, responsabile cultura della Fondazione Monte Verità. «Hesse frequentò spesso l’eremita Gusto Gräser, cui si ispirò per alcuni personaggi dei suoi libri».

Nel 1913 da Zurigo giunse anche Rudolf von Laban, danzatore, coreografo, inventore della danza mimica: voleva trasferire sulla collina dell’utopia i suoi corsi estivi di danza. L’idea piacque molto ai fondatori e Laban ebbe un tale successo che a poco a poco il Sanatorium si trasformò in una comunità di artisti. Arrivarono così le grandi danzatrici Mary Wigman, Isadora Duncan e Charlotte Bara (che costruì il suo teatro alle pendici del monte), più avanti i dadaisti Hugo Ball e Tristan Tzara, oltre alla pittrice russa Marianne von Werefkin, che poi visse ad Ascona per tutta la vita.

Il mix di spiritualismo, libera espressione artistica, alimentazione vegana, bellezza del luogo e mitezza del clima faceva da calamita per intellettuali e artisti eterodossi.

E molto contava anche la scelta di neutralità della Svizzera nel periodo della Grande Guerra. Sul Monte Verità si stava liberi e tranquilli, lontani dal conflitto e dalle città industrializzate e corrotte.

Nel 1920 Ida ed Henri lasciarono per sempre il luogo dove avevano fondato la leggendaria colonia. Si era persa da tempo la spinta ideale iniziale e decisero di partire prima per la Spagna e poi per il Brasile, per provare a fondare altre comunità simili a quella monteveritana. Ma il mito di quella meta sacra, al di fuori dello spazio e del tempo, era diventato più grande della realtà.

Per qualche tempo la struttura fu gestita da alcuni artisti bohémien, poi, nel 1926, tutto il complesso venne acquistato dal barone tedesco Eduard von der Heydt. Von der Heydt era il potente banchiere dell’ex imperatore tedesco Guglielmo II e uno dei maggiori collezionisti europei di arte contemporanea, orientale e primitiva. Il barone si stabilì nella Casa Anatta, l’ex dimora di Ida ed Henri costruita contro la roccia in stile teosofico, con angoli arrotondati e senza spigoli, doppi muri in legno, porte scorrevoli, soffitti a volta ed enormi finestre con vista sul paesaggio come suprema opera d’arte.

Von der Heydt trasformò la casa in una lussuosa residenza privata e la arredò con le sue collezioni d’arte. «Fece poi costruire un hotel nello stile razionale e funzionale del Bauhaus, partendo dalla struttura della Casa Centrale, che ancora oggi è funzionante», continua Nicoletta Mongini.

Ne risultò un albergo molto raffinato, anch’esso edificato contro la parete rocciosa, in cui il banchiere, che aveva tantissimi contatti internazionali, cercò di mantenere vivo lo spirito di Monte Verità ospitando personalità del calibro dello psicoanalista Carl Gustav Jung, maestri del Bauhaus come Gropius, Albers, Moholy-Nagy, il grande pittore svizzero Paul Klee. Infine, il barone decise che alla sua morte tutta la proprietà sarebbe andata al Canton Ticino.

Oggi, dopo alterne vicende, chi arriva sulla collina di Monte Verità può visitare una capanna aria-luce, le docce e vasche dei coloni, la piantagione, la casa del tè e, dal 2017, il museo di Casa Anatta, che ospita la mostra Monte Verità. Le mammelle della verità di Harald Szeemann, importante storico dell’arte che ha raccolto per anni testimonianze e documenti sulla collina delle utopie.

E guardando il lago può riflettere sulla modernità di quei sei pionieri che oltre un secolo fa anticiparono temi come il vivere bio ed ecofriendly, la cura naturale del corpo e la cultura vegetariana, ancora oggi vitali e discussi.

Fonte: Questo articolo è tratto da Focus Storia

Foto di guvo59 da Pixabay