Nero d’Avola un vino misterioso

Nero d'Avola un vino misterioso

Nero d’Avola un vino misterioso. Intorno al Nero d’Avola aleggia un po’ di mistero. Il vitigno prende il suo nome dal paese di Avola in provincia di Siracusa, ma era conosciuto tradizionalmente anche come Calabrese nero. In realtà però in Calabria non si trova, e neppure in altre regioni che non siano la Sicilia: pare che il nome sia un’allitterazione di “calea aulisi” cioè uva avolese, in siciliano antico.

Come per la maggior parte dei vitigni siciliani, i genetisti faticano a trovare parentele con altre varietà del “continente”, mentre le varietà siciliane sono imparentati tra di loro. A quanto pare nell’isola, al centro del Mediterraneo e quindi crocevia di commerci e migrazioni fino dai tempi più antichi, si è creato un gruppo di varietà di vite con una forte identità “isolana”; si tratta di varietà forse nate dall’incrocio di vitigni orientali con viti selvatiche locali. In effetti la recente scoperta di probabili tracce di vino in una giara in un grotta sul Monte Kronio (Sciacca) starebbe a dimostrare che si facesse vino in Sicilia fino dall’età de rame, quindi più di mille anni prima dell’arrivo dei Greci e dei Fenici, il che porta a riscrivere un bel pezzo di storia.

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Il Nero d’Avola è oggi diffuso in tutta l’isola, ma si presume che la sua espansione sia partita dalla costa sudorientale e dai primi rilievi dell’interno delle province di Siracusa (Noto, Avola, Pachino) per estendersi prima al Ragusano (Vittoria) e al Nisseno (Riesi) e infine a resto dell’isola. Salvo che sull’Etna, dove l’estate troppo breve per un tipico vitigno mediterraneo che ama il calore del sole e matura tardi. 

E’ un vitigno “capriccioso”, con una produttività talvolta abbondante ma spesso incostante, non facile da coltivare, anche per il suo portamento “selvaggio”: i tralci tendono a ricadere anziché a salire verso l’alto, e richiede grande competenza, pazienza e passione al vignaiolo. Doti che però non mancano ai viticoltori siciliani.

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Ci sono alcune vecchie vigne ancora impiantate con il metodo tradizionale dell’alberello, che crea un paesaggio agrario molto spettacolare: un sistema sicuramente valido per la qualità del vino, ma molto oneroso perché poco meccanizzabile, per cui è stato sostituito quasi ovunque dalla spalliera. Nella zona di Riesi lo si coltiva anche a pergola, con ottimi risultati.

Ha maturazione tardiva: di solito è l’ultima uva che viene raccolta in Sicilia (sempre salvo l’eccezione dell’Etna).

Al fine di proteggere il nome del pregiato vitigno da possibili frodi e da utilizzi impropri, accaduti in passato, il Consorzio di Tutela della DOP Sicilia ha recentemente ottenuto che per legge il nome Nero d’Avola si possa utilizzare solo per vini a DOP a partire dalla DOP regionale. La denominazione Sicilia è, per così dire una DOP “ombrello”, all’interno della quale è possibile rivendicare il nome di zone più ristrette (solitamente riferita al nome di un paese).

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Il vitigno è poi ampiamente utilizzato in vari vini a DOP e IGP senza il nome di vitigno, in purezza oppure in assemblaggio.  Da un taglio tra Nero d’Avola e Frappato nasce il vino a DOCG Cerasuolo di Vittoria. 

Più recentemente si è sperimentata la vinificazione in rosato, anche utilizzata per una base spumante.

Difficile confondere un buon Nero d’Avola con altri vini: il suo profilo sensoriale è molto caratteristico. E’ un vino corposo, rosso scuro con sfumature viola, e anche il naso “marca” spesso la viola, insieme alla carruba, all’eucalipto, al fico, alla macchia mediterranea. 

Nelle zone viticole calde come la Sicilia costiera il rischio che corrono molte uve è quello di perdere il loro corredo di acidità, “bruciato” dal calore. Ma è un rischio che il Nero d’Avola non corre, adattato come è a quel clima. E infatti mantiene sempre un’eccellente freschezza, sia nei vini giovani che in quelli invecchiati, insieme a un’impressione generale di dolcezza, che però non ha nulla a che fare con lo zucchero.  

Quest’uva può dare vini piuttosto diversi, in base alla zona di origine e alla tecnica viticola ed enologica. Un Nero d’Avola giovane e non troppo corposo, servito fresco, può essere la tipica eccezione di un rosso con il pesce che sia un pesce saporito come il tonno, uno sgombro ai ferri, la pasta con le sarde o lo stocco alla messinese. 

Per un Nero d’Avola di annata, di corpo e struttura, i consigli di abbinamento sono quelli dei grandi vini “da arrosto”, come si diceva un tempo, categoria di cui fanno parte a pieno titolo anche carni rosse e formaggi stagionati. 

Fonte: cucchiaio.it (articolo scritto da Maurizio Gily, agronomo ed esperto di enologia

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