Ninna nanna della guerra di Trilussa

Ninna nanna della guerra di Trilussa. Ninna nanna della guerra è una canzone basata sui versi scritti da Trilussa nell’ottobre 1914 all’inizio della prima guerra mondiale. La musica è invece ripresa dall’aria di una canzone popolare piemontese intitolata Feramiù (ossia rottamaio ambulante), di cui non si conosce l’autore. Scritta all’inizio della prima guerra mondiale, la composizione di Trilussa si differenzia dal consueto stile ironico e bonario del poeta romano ed è una vera e propria invettiva. La ninna-nanna ebbe successo immediato e diventò una canzone popolare soprattutto a Torino. Il testo della poesia era stato pubblicato dai giornali socialisti piemontesi durante la guerra; il 9 gennaio 1921 fu ripreso da “L’Ordine Nuovo” di Antonio Gramsci con una nota di Palmiro Togliatti che ne confermava l’ampia diffusione almeno a partire dal 1917.

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NINNA NANNA DELLA GUERRA

«Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.

So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!»

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E dovrebbe essere tutto sommato l’inno per far capire quanto sia inutile, tremendo, l’orrore della guerra che non cambia nulla e porta con se solo morte e distruzione, nient’altro, gli unici a non rimetterci mai sono i potenti della terra mentre gli umili, il popolo sono le vere vittime sacrificate a un dio minore: IL POTERE!

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Fonte: it.wikipedia.org

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