Accadde Oggi Tragedia di Chernobyl disastro ambientale il 26 aprile 1986

Accadde Oggi Tragedia di Chernobyl disastro ambientale il 26 aprile 1986. È ancora vivo il ricordo del disastro di Chernobyl. Il 26 aprile 1986 all’ 1e23, durante un test di sicurezza, esplose il reattore numero 4 dalla centrale nucleare V.I. Lenin, a meno di 20 km dalla città di Chernobyl in Ucraina, causando l’emissione di una nube di materiali radioattivi.

 È ritenuto il più grave incidente della storia dell’energia nucleare e l’unico, insieme a quello di Fukushima del 2011, a essere classificato al settimo livello, il massimo, della scala di catastroficità INES.

Nonostante il nome del luogo con cui il disastro passò alla storia, una località a circa 100 a nord di Kiev, nell’allora Repubblica Socialista Sovietica Ucraina poco distante dal confine con la Bielorussia, l’impianto ricade nella municipalità di Pryp’jat’, da cui dista circa 3 km, laddove Cernobyl ne dista circa 18. Dal 1986, Pryp”jat’ è una città fantasma e Černobyl’ si è notevolmente spopolata.

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Alla base del disastro vi sarebbero stati errori di procedura nel corso di un test di sicurezza sul reattore numero 4 della centrale, finalizzato a ottenere la definitiva omologazione dell’impianto, che consisteva nel verificare la possibilità di alimentare le pompe del sistema di raffreddamento anche in caso di black-out elettrico, utilizzando l’elettricità prodotta dal movimento inerziale delle turbine per il tempo necessario ad attivare i generatori elettrici/gruppi di generazione Motore Diesel/diesel-elettrici di emergenza.

Test identici erano già stati condotti in passato; dal 1982 se ne erano tenuti tre, con esito negativo. Il test che provocò l’incidente era stato posticipato di 10 ore rispetto all’orario programmato; ciò implicò che il personale di turno che si trovò a compierlo non era la stessa squadra che si era preparata allo scopo. Nel periodo precedente al test, il reattore era stato mantenuto a una potenza ridotta per molte ore. Durante il lasso di tempo che precedeva lo spegnimento previsto dal test, la potenza del reattore venne ulteriormente abbassata e durante la prova fu ulteriormente sollecitato fino a raggiungere condizioni instabili. La perdita di potenza del reattore per ragioni accidentali andò molto oltre il desiderio degli operatori e oltrepassò i limiti di sicurezza, anche a causa di un fenomeno detto avvelenamento da xeno, che mascherava la reale attività del reattore. Anziché interrompere il test e spegnere immediatamente il reattore come imposto dai protocolli, si decise, contravvenendo alle raccomandazioni di sicurezza, di cercare di incrementare nuovamente la potenza estraendo quasi tutte le barre di controllo. Il reattore divenne così ulteriormente instabile, inducendo i tecnici ad abortire il test compiendo la manovra di spegnimento istantaneo (procedura SCRAM) tramite attivazione del pulsante detto AZ-5.

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La precisa scansione temporale degli eventi immediatamente precedenti e successivi all’istante dello spegnimento è stata oggetto di ricostruzioni divergenti: il dato certo è che, in corrispondenza dell’inizio della manovra d’emergenza, il reattore non si spense e anzi guadagnò ulteriormente potenza, in modo rapidissimo e molto oltre ogni limite di sicurezza. Ciò fu dovuto a un grave difetto di progettazione delle barre, che causò un surriscaldamento improvviso, tale da deformare i condotti di discesa e bloccare il movimento dei moderatori. In pochissimi secondi la potenza superò i 30 GW, cioè 10 volte il massimo previsto, producendo grandi volumi di gas la cui pressione causò un’esplosione che proiettò in aria il pesantissimo coperchio di cemento e acciaio del reattore, il quale ricadde verticalmente sull’apertura lasciando il recipiente scoperchiato. Subito dopo seguì una seconda, potentissima esplosione, causata dall’ignizione dell’idrogeno e dalla polvere di grafite espulsi dal reattore e mescolatisi con l’ossigeno dell’aria, che distrusse l’edificio. La grafite contenuta nel nocciolo, in gran parte polverizzato e completamente esposto all’atmosfera, prese poi fuoco e l’incendio si estese alle strutture adiacenti.

Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore numero 4 e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente. Gli incendi delle strutture ebbero effetti catastrofici di contaminazione atmosferica. I vigili del fuoco dalle vicine stazioni di Pryp”jat’ e Černobyl’, prontamente intervenuti, domarono gli incendi, ma non poterono comunque spegnere il nocciolo e bloccare completamente l’emissione radioattiva; pertanto le autorità, nei giorni successivi, utilizzarono elicotteri militari per coprire il nocciolo con sabbia e boro. Di fronte alla gravità estrema dei livelli di contaminazione dei territori circostanti fu ordinata l’evacuazione di circa 336 000 persone e, in seguito, il loro reinsediamento in altre zone.

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Le autorità sovietiche all’inizio non divulgarono la notizia, ma dovettero ammettere l’incidente dopo alcuni giorni, quando l’aumento anomalo delle radiazioni atmosferiche fu rilevato in Svezia e la notizia si diffuse a livello internazionale. Vi furono pesanti conseguenze politiche, sia internazionali sia interne, per la credibilità e il prestigio tecnico-scientifico dell’Unione Sovietica. Le nubi radioattive raggiunsero in pochi giorni anche l’Europa Centrale, la Finlandia e la Scandinavia, toccando, con livelli di radioattività inferiori, anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria e la penisola balcanica, fino a porzioni della costa orientale del Nord America, provocando un allarme generale e grandi polemiche.

Un rapporto del Chernobyl Forum redatto da agenzie dell’ONU, (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre) conta 65 morti accertati e più di 4 000 casi di tumore della tiroide  fra quelli che avevano fino a 18 anni al tempo del disastro, larga parte dei quali attribuibili alle radiazioni; la maggior parte dei casi è stata trattata con prognosi favorevoli, con soli 15 decessi dal 2002.

I dati ufficiali sono contestati dalle associazioni antinucleariste, fra le quali Greenpace, che ipotizzano fino a 6000000 decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando tutte le tipologie di tumori. Il gruppo dei Verdi al parlamento europeo, pur concordando con il rapporto ufficiale ONU sul numero dei morti accertati, lo contesta sulle morti presunte, che stima in 30 000-60 000.

Fonte: it.wikipedia.org

Foto di 1681551 da Pixabay

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