Festa del gatto affonda nelle civiltà antiche 17 febbraio 2023

Festa del gatto affonda nelle civiltà antiche 17 febbraio 2023

Festa del gatto affonda nelle civiltà antiche 17 febbraio 2023. Il gatto era stato divinizzato a causa delle molteplici caratteristiche che ancora oggi possiede. Gli antichi avevano la capacità di percepire, vedere e considerare le forze invisibili (ma esistenti) di tutti gli esseri viventi. Forse è questo il motivo per cui onorarono il gatto ed oggi invece viene considerato un semplice animale domestico da compagnia. Insomma, le caratteristiche interessanti che possedere il gatto sono molteplici e affascinanti.

l gatto venne ritenuto quindi dagli Antichi Egizi animale sacro e divino. Il gatto era sacro al Sole e a Osiride mentre la gatta alla Luna e a Iside. Gli Egizi veneravano Bastet, una divinità con corpo di donna e testa di gatta. Apprezzato per la sua abilità nel cacciare roditori nocivi quali i topi e i ratti, alcuni insetti e nell’uccidere serpenti quali i cobra, il gatto domestico divenne presso gli egizi un simbolo di grazia e benevolenza nei confronti dell’uomo.

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n Egitto si usava consacrare i bambini a Bastet, facendo un piccolo taglio sul braccio e mescolando il sangue che gocciolava a quello di un felino. Un uomo che uccidesse un gatto, anche per caso fortuito, era giustiziato a morte e quando un gatto moriva i proprietari usavano rasarsi le sopracciglia e il capo in segno di lutto.

Nell’antica Roma il gatto selvatico veniva invece detto Felis, da cui derivano i nostri felino, felide, ecc. Solo dal IV sec. d.c., compare il termine Cattus, forse di derivazione africana (nubiano kadis) o celto-germanica (nei cui idiomi viene variamente riprodotta, ad esempio: irlandese cat, antico tedesco chazza, antico scandinavo kötr).

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Nella Roma antica i gatti erano sacri a Diana, si credeva che avessero poteri magici, concessi loro dalla Dea. La Dea latina Diana, associata alla luna, alla femminilità e alla magia, proteggeva la gravidanza e intratteneva un rapporto privilegiato con la natura, i boschi, gli animali e le piante.

I gatti raccontati nelle pagine dei libri, da sempre, sono soprattutto creature ambigue e misteriose. Sono spesso legati alla sfera sovrannaturale, compagni fedeli di streghe vecchie e crudeli. Sin dal XII secolo è così infatti che vennero raccontati i molti micioni protagonisti di tante opere letterarie, talvolta veri e propri capolavori.  

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Le radici storiche dell’immaginario nato intorno al piccolo felino domestico sono molto profonde. Nel mondo occidentale, un contributo a questa fama un po’ sinistra proviene dalla cultura cristiana medioevale che attinse da un’antica credenza celtica secondo la quale i gatti erano stati una volta esseri umani, poi trasformati in felini come punizione per la loro cattiveria. Il gatto diventa quindi il demone domestico delle streghe e i gatti neri in particolare erano incarnazione del diavolo, specialmente se di proprietà di donne anziane.

La letteratura è piena di gatti che camminano in punta di polpastrello attraverso le pagine di celebri scrittori. Impossibile citarli tutti: questa dunque la nostra selezione dal Cinquecento ai nostri giorni.

Pablo Neruda, poeta cileno ha composto una ode al gatto che riportiamo in onore a questo felicno che ci onora della sua presenza nella nostra casa:

ODE AL GATTO

Gli animali furono imperfetti,
lunghi di coda,
plumbei di testa.
Piano piano si misero in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono nèi, grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso: nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.

L’uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l’ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,
ma il gatto
vuole essere solo gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.

Non c’è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio,
e l’elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola fessura
per gettarvi le monete della notte.

Oh piccolo
imperatore senz’orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto,
nuziale sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell’amore
all’aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto è immondo
per l’immacolato piede del gatto.

Oh fiera indipendente della casa,
arrogante vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un irreperibile velluto,
probabilmente non c’è enigma
nel tuo contegno,
forse sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all’abitante meno misterioso,
forse tutti si credono padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni, colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.

Io no.
Io non sono d’accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l’atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare il gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d’oro stanno nei suoi occhi.

Pablo Neruda

Fonte: dal web

Foto di Alexa da Pixabay