Giuseppe Ungaretti nasce la poesia Mattina il 26 gennaio 1917

Giuseppe Ungaretti nasce la poesia Mattina il 26 gennaio 1917.  intitola “Mattina” ed è composta da quattro sole parole divise in due celebri versi: M’illumino d’immenso La lirica, può essere considerata il manifesto della poetica ungarettiana per la sua brevità e il messaggio lampante che lancia, ed è sicuramente una tra i componimenti più brevi dell’interno Novecento. È stata scritta da Giuseppe Ungaretti a Santa Maria La Longa (UD) il 26 gennaio del 1917.

 La poesia “Mattina” fa parte della terza sezione, intitolata Naufragi, della raccolta L’Allegria, pubblicata per la prima volta nel 1931. Inizialmente l’intera raccolta era intitolata Allegria di Naufragi ma il poeta decise poi di semplificare il titolo e renderlo più diretto.

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L’edizione definitiva è del 1942 e contiene diverse sezioni:

  • Il porto sepolto, con l’omonima celebre poesia e che raccoglie le prime poesie dedicate all’esperienza della prima Guerra Mondiale, vissuta da Ungaretti come soldato arruolato sul Carso;
  • Naufragi, che contiene ancora poesie di guerra composte sul fronte;
  • Girovago, poesie composte durante l’esperienza di guerra in Francia;
  • Prime, testi composti nel dopo guerra.

Le tematiche della raccolta esprimono i sentimenti di dolore nei confronti dell’esperienza della guerra che il poeta visse in prima persona e il senso di attaccamento alla vita che ne deriva. Un’altra tematica rilevabile è la fratellanza tra gli uomini. Essa diventa un valore fondamentale da perseguire nei momenti bui della guerra. Il titolo, Allegria, allude infatti allo slancio positivo dell’uomo che sopravvive nonostante i dolori e i naufragi della vita.

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M’illumino

d’immenso

con un breve

moto

di sguardo

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 La poesia Mattina è composta da due soli versi e per comprenderla a pieno bisogna necessariamente leggere anche il titolo, al quale si riferisce imprescindibilmente il contenuto. Il famoso critico letterario Romano Luperini ha notato come il poeta abbia rappresentato la grandezza attraverso la luce.

Inizialmente la poesia doveva essere leggermente più lunga e doveva intitolarsi “Cielo e mare

La ragione della riduzione sta nella volontà dell’autore di rappresentare su carta la sensazione del momento senza ricorrere a parole inutili. Il verso viene ridotto all’osso, in questo caso a sole poche parole (le parole-verso) per potenziare il valore semantico di ognuna di esse.

M’illumino d’immenso significa questo: lo splendore del sole che è sorto da poco regala al poeta una sensazione interiore che lo ricollega al senso di vastità. Egli si sente vivo e parte dell’infinito mistero della natura. Lo stato d’animo descritto è quasi mistico, di unione con l’universo.

I due versi sono dei ternari senza rima che, letti insieme, diventano un settenario perfetto. Tra i due versi ci sono anche alcune consonanze (ritorno del suono –m) che contribuiscono all’unificazione di essi.

È presente anche la figura retorica della sinestesia (accostamento di due termini appartenenti a sfere sensoriali differenti). La sensazione fisica della luce del sole (illuminare) viene riferita ad un sentimento interiore (scambio di sensazione e pensiero).

Si tratta di un componimento geniale. Il poeta, con sole poche parole, trasmette la sensazione forte e maestosa del risveglio mattutino. Esso rappresenta la voglia di vita e di grandezza, nonostante il continuo perpetrarsi degli orrori della guerra.

Fonte: Biografieonline

Foto di rihaij da Pixabay