Accadde Oggi 10 novembre 1891 muore Arthur Rimbaud poeta maledetto Poesia

Accadde Oggi 10 novembre 1891 muore Arthur Rimbaud poeta maledetto Poesia

Accadde Oggi: il 10 novembre 1891 si spegne Arthur Rimbaud a soli 37 anni, minato dal cancro, un poeta definito maledetto, visionario e selvaggio per le sua poetica cruda e priva di ogni dolcezza.

La sua vita fin dall’infanzia non è stata felice, nato in una famiglia borghese, segnato dall’età di sei anni quando il padre abbandonò la casa,  la madre impartì lui una educazione basata sul suo moralismo bigotto, imbevuto da una religiosità puritana.

La scelta del padre condannò infatti non solo la sua famiglia alla povertà, ma lasciò la responsabilità dell’educazione dei figli solo alla madre, che non era certo un esempio di liberalità.

Educato dunque in famiglia ed a scuola secondo gli schemi più tradizionali, si segnalò per la straordinaria precocità intellettuale componendo versi sin dall’età di dieci anni, incoraggiato da un maestro locale nei suoi tentativi di scrittura.

A sedici anni, seguendo la sua inclinazione visionaria e selvaggia, buttò all’aria con decisione la tranquilla vita che gli era stata preparata, fuggendo dapprima ripetutamente di casa poi intraprendendo un vagabondaggio solitario che lo portò lontanissimo dal suo ambiente familiare. Una delle prime fughe verso Parigi coincide con la stesura del suo primo poema (la data è quella del 1860). Arrestato però per non aver con sé il biglietto del treno, fu costretto a fare ritorno a casa.

Accadde Oggi 10 novembre 1891 muore Arthur Rimbaud poeta maledetto Poesia

Il questo lungo peregrinare visse tra esperienze di ogni genere, senza escludere alcol, droga e carcere. Scappato infatti ancora una volta a Parigi, in quei giorni convulsi si entusiasmò per la comune di Parigi, viaggiò a piedi, senza soldi, attraverso la Francia in guerra, e fece vita da strada. Fu allora che cominciò a leggere ed a conoscere poeti considerati “immorali”, come Baudelaire e Verlaine. Con quest’ultimo ebbe poi una lunga, appassionata storia d’amore, talmente difficoltosa e lacerante che, nell’estate del 1873, durante un soggiorno in Belgio, Verlaine, in uno stato di ubriaca frenesia, ferì l’ amico ad un polso e venne incarcerato. Ma l’influenza più duratura su di lui fu indubitabilmente quella di Baudelaire.

Influenzato inoltre da libri di alchimia ed occultismo che andava leggendo, incominciò a concepire se stesso come un profeta, un santo della poesia e, in due lettere, conosciute come “Lettere del veggente”, elaborò la concezione secondo cui l’ artista deve conseguire la ” confusione dei sensi”.

Rimbaud fece ritorno alla propria casa, dove scrisse uno dei suoi capolavori, “Una stagione all’ inferno”. Nel 1875, all’ età di ventuno anni, Arthur smise di scrivere, ma, sempre viaggiatore ed amante delle lingue, partì verso est, navigando sino a Giava, trovò lavoro come capo miniera a Cipro, stabilendosi infine,nell’ Africa dell’est, dove trascorse i suoi ultimi anni come commerciante e contrabbandiere di armi. Nel 1891 un tumore alla gamba lo costrinse a fare ritorno in Francia per ricevere adeguate cure mediche. Fu proprio lì che, in un ospedale marsigliese, morì il 10 novembre dello stesso anno. La sorella, che stette con lui sino alla fine, dichiarò che, in punto di morte, egli aveva riabbracciato la stessa fede cattolica che aveva caratterizzato la sua infanzia.

Infine, si può dire che ” Rimbaud è il più grande e integrale interprete poetico della crisi nichilistica; e, come molti autori dei tempi di crisi, è caratterizzato da una potente ambiguità, che permetterà infatti interpretazioni divergenti della sua poesia: basti pensare che Paul Claudel potè leggere nella “Stagione all’inferno” una sorta di inconscio itinerario verso un dio sconosciuto ma necessario, mentre tanti altri vi hanno scorto il supremo momento negativo di tutta una cultura, culminante nella consapevolezza dell’inutilità della tradizione e nel suo radicale ripudio. Fra le più rilevanti e più fertili prove dell’ambiguità della poesia di Rimbaud (e, al limite, di ogni poesia), sta appunto il fatto che quest’opera di distruzione si sia tradotta in una stupenda opera creativa; che la sua istanza di libertà “contro” ogni istituzione (compresa la letteratura) si sia verificata in un grandiosa proposta di liberazione attraverso la letteratura” [Enciclopedia della Letteratura Garzanti].

Sognato per l’inverno (1870)

D’inverno, ce ne andremo in un piccolo vagone rosa
con i cuscini blu.
Staremo bene. Un nido di pazzi baci riposa
in qualche soffice angolo.

Tu chiuderai gli occhi, per non vedere, dai vetri
ghignare le ombre delle sere,
queste arcigne mostruosità, plebaglie
di neri démoni e neri lupi.

Poi sentirai la guancia scalfita…
Un piccolo bacio, come un ragno folle,
ti correrà per il collo…

E tu mi dirai: «Cerca!» inclinando la testa,
e perderemo tempo a cercare quella bestia
– che così tanto viaggia…